giovedì 8 novembre 2007

Il caso Parmigiano-Reggiano

1
Problematiche ambientali e sanitarie relative
all’utilizzo di colture geneticamente modificate (OGM)
per l’alimentazione animale
Il caso Parmigiano-Reggiano
Giugno 2007
2
Introduzione

Il rilascio in natura di Ogm può produrre effetti irreversibili sugli ecosistemi. Gli Ogm sono organismi
viventi e possono riprodursi, moltiplicarsi e diffondersi, sfuggendo a qualsiasi controllo.
Sulla sicurezza degli Ogm per l'alimentazione umana e animale sussistono seri dubbi e ci sono
sempre nuove evidenze che gli Ogm non vengono adeguatamente testati sul piano della sicurezza
alimentare. La maggior parte delle ricerche più recenti sono studi di breve periodo, realizzati
in collaborazione con le aziende biotech. I dossier che queste aziende sottopongono alle autorità
competenti in cerca di autorizzazioni contengono, in genere, una composizione di dati e studi di
breve termine sull'impiego di Ogm come alimenti per animali.
In molti di questi studi, vengono osservate importanti differenze nella composizione della piante
Ogm rispetto a quelle non-Ogm (es. contenuto vitaminico), e nelle risposte degli animali che se
ne nutrono (es. livello di glucosio, dimensione degli organi), ma spesso queste osservazioni
vengono definite "non di rilevanza biologica" dalle aziende biotech e, poco dopo, dalle stesse autorità
competenti.
Per questo motivo, i regolamenti sull'approvazione degli Ogm sono in molti casi un fallimento.
Non si hanno certezze sulla sicurezza degli Ogm nell'alimentazione umana o animale. E questo si
riflette in una continua controversia a livello scientifico e politico sulla sicurezza degli Ogm.
Questo documento si concentra nella prima parte sulle problematiche ambientali e sanitarie relative
alla produzione di colture geneticamente modificate (Ogm) ed al loro utilizzo per
l’alimentazione animale. Tra queste figurano effetti nocivi sull’ambiente, rischi per la salute
dell’uomo e degli animali e la possibilità di conseguenze imprevedibili dovute al processo stesso
di ingegneria genetica.
Nella seconda parte si analizzerà un caso italiano emblematico: l’utilizzo di Ogm nella filiera di
produzione del Parmigiano-Reggiano.


1. Impatto ambientale delle colture Ogm
L’impatto ambientale degli Ogm rappresenta la principale preoccupazione relativa all’utilizzo di
queste coltivazioni nell’alimentazione animale: ogni coltura destinata alla produzione di mangimi
deve infatti avere un proprio luogo di produzione.
Soia, mais e altre colture Ogm sono utilizzate nell’alimentazione animale e possono rappresentarne
una frazione sostanziale. L’impatto ambientale dovuto alla presenza di Ogm è considerevole:
numerosi ingredienti per mangimi (per es. la soia) sono commercializzati su scala globale.
L’acquisto di un litro di latte derivato da una mucca nutrita con soia Ogm in Italia, ad esempio,
potrebbe finanziare l’aumento della produzione di soia Ogm in Sudamerica. Con tutte le conseguenze
negative, sia sociali che ambientali, del caso.
Outcrossing
Una particolare problematica associata a qualunque tipo di coltura Ogm è l’outcrossing o impollinazione
incrociata, tra coltivazioni Ogm e varietà selvatiche o tradizionali. In Canada, ad esempio,
l’outcrossing di colza Ogm ha portato alcune varietà a sviluppare resistenza a diversi tipi di
erbicida [1] e, in Gran Bretagna, colza Ogm si è incrociata con una varietà selvatica. [2] Varietà
selvatiche o tradizionali contaminate da Ogm possono preservarsi nel tempo e fungere da riser3
ve di transgeni, aprendo la strada a possibili contaminazioni. Esiste il forte rischio che questi
nuovi incroci possano infestare, contaminandole, intere popolazioni selvatiche. [3]
Oltre ai possibili effetti nocivi sulla biodiversità, la contaminazione da Ogm rappresenta un pericolo
per la sicurezza alimentare, poiché è proprio in queste varietà tradizionali e selvatiche che,
attraverso le convenzionali tecniche di selezione, vengono selezionati nuovi geni (ad es. per la
resistenza alla siccità).


Effetti sulla biodiversità


Oltre alle problematiche generali relative alle colture Ogm, sono oggi ben documentati i seguenti
effetti ambientali, specifici per colture Ogm resistenti ad insetti ed erbicidi.
Di seguito alcuni esempi:
a) per colture Bt resistenti agli insetti [4]
􀂃 effetti tossici su organismi non-target, quali le farfalle. È stato provato che
l’esposizione a lungo termine a polline Bt (Bacillus thuringiensis) proveniente da mais
transgenico resistente agli insetti, ha conseguenze negative sulle larve della farfalla monarca
nel Nord America
[5].
􀂃 effetti tossici su insetti benefici. Le colture Bt sono dannose per le crisoperle [6]. Le
crisoperle sono insetti benefici, che svolgono un ruolo importante nel controllo naturale
dei parassiti. Gli effetti tossici delle colture Bt sulle crisoperle avvengono attraverso
l’ingerimento della preda, la quale, a sua volta, si è precedentemente nutrita con colture
transgeniche Bt.
􀂃 l’emergere di fenomeni di resistenza nei parassiti, con conseguente intensificazione
dell’utilizzo di insetticidi. Negli Stati Uniti, sono in vigore complesse pratiche
per le aree seminate con coltivazioni Bt, al fine di rallentare lo sviluppo di fenomeni di resistenza
alla tossina Bt da parte degli insetti. I "rifugi Bt", tuttavia, non sono adeguati per
le piccole aziende agricole in Italia ed altrove, notevolmente diverse dai vasti appezzamenti
degli Stati Uniti. Questo problema è già stato riscontrato, ad esempio, per il cotone
Bt in India. [7]
􀂃 effetti nocivi sull’ecosistema del suolo. Le colture Bt, secernono le tossine Bt dalla
radice nel suolo [8]
e, inoltre, i residui vegetali rimasti nei campi a fine stagione contengono
la tossina Bt attiva. [9] Questa permane nel suolo, specialmente se la stagione invernale
è rigida [10], aumentando la possibilità di un accumulo di tossine Bt nel terreno
[11], possibile causa di problemi per organismi non-target e, più in generale, per la salute
dell’intero ecosistema del suolo.
b) per colture tolleranti agli erbicidi: [12]
􀂃 effetti tossici degli erbicidi sugli ecosistemi. Ad esempio, il glifosato (utilizzato nelle
colture OGM Roundup Ready della Monsanto), ha dimostrato la propria tossicità nei confronti
dei girini, danneggiando l’equilibro degli ecosistemi acquatici e riducendone la biodiversità.
[13] Almeno una formulazione di glifosato ha mostrato di poter potenzialmente
interferire col sistema endocrino: potrebbe ad esempio interferire con gli ormoni.
[14]
4
􀂃 diminuzione e perdita di diversità delle erbe infestanti ed effetti sulla biodiversità.
È stato dimostrato che vi sono meno farfalle nelle vicinanze di colture di colza transgenica
tollerante agli erbicidi, poiché esse trovano meno fiori di piante infestanti (e di
conseguenza meno nettare), per la loro alimentazione.
􀂃 aumento dei fenomeni di resistenza agli erbicidi in piante infestanti. L’insorgenza
di fenomeni di resistenza al glifosato in alcune specie di infestanti sta sollevando serie
preoccupazioni negli USA ed in altri Paesi dove le colture Roundup Ready sono coltivate
su vasta scala. [15] La resistenza degli infestanti fa sì che quantità sempre crescenti di glifosato
debbano essere utilizzate per il loro controllo, [16] o che ulteriori, differenti erbicidi
debbano essere usati in contemporanea. [17]
􀂃 effetti sui microorganismi del suolo. L’utilizzo di erbicidi sulla soia Ogm porta, ad esempio,
ad una diminuzione della quantità di batteri benefici azoto-fissatori intorno
all’apparato radicale. [18] È stato inoltre segnalato che l’utilizzo di glifosato, durante un
anno, potrebbe facilitare la crescita di una muffa, il Fusarium, sul frumento coltivato
l’anno successivo. [19]
Proteine tossiche negli escrementi degli animali
Suini [20]
e bovini [21] alimentati con Ogm disperdono nell’ambiente, tramite gli escrementi, DNA
transgenico e grandi frammenti di proteina Bt. Tale dispersione è motivo di preoccupazione poiché,
pur essendo frammentate, le tossine Bt conservano la propria tossicità. [22] La proteina Bt
potrebbe accumularsi nel suolo e, potenzialmente, raggiungere livelli tossici per alcune specie di
insetti.
"Lo spargimento, accidentale o meccanico, di mangimi nel suolo potrebbe introdurre
artificialmente materiale OGM nell’ambiente. L’escrezione, tramite le feci, di frammenti
del gene cry1Ab e della proteina Cry1Ab nel terreno potrebbero essere ragioni di ulteriore
preoccupazione". [23]


2. Dubbi sulla sicurezza degli Ogm
per l’alimentazione animale e umana.


Vi è crescente incertezza sulla sicurezza dei mangimi animali contenenti Ogm. Numerosi elementi
mostrano che non vengono effettuati test accurati sugli Ogm per quanto riguarda la loro
sicurezza per l’alimentazione animale o umana.
Dove sono gli studi indipendenti?
Gli studi indipendenti sugli effetti degli Ogm sulla salute di persone e animali soffrono pesantemente
della mancanza di letteratura scientifica in materia: un’analisi degli studi svolti in questo
settore ha riportato solamente un decina di ricerche su alimenti e mangimi Ogm valutate dalla
comunità scientifica, metà delle quali sono state effettuate in collaborazione con aziende del settore
biotech. [24] Certamente tale situazione permane: la maggior parte degli studi recentemente
avviati è costituita da ricerche a breve termine finanziate da multinazionali del settore. [25]
I dossier inviati dalle aziende agli organi competenti per ricevere l’autorizzazione a coltivare o
commercializzare Ogm, solitamente contengono dati relativi alla composizione e gli esiti di alcuni
esperimenti a breve termine sugli effetti sulla nutrizione animale. In molti di questi studi si os5
servano spesso differenze significative nella composizione di piante Ogm rispetto a piante non-
Ogm (per es. nel contenuto vitaminico) e nella risposta degli animali (per es. nei livelli di glucosio,
fino ad arrivare a segni di tossicità per fegato e reni nel caso del mais MON863), ma spesso
queste osservazioni vengono definite come “non biologicamente rilevanti” dalle aziende e dagli
organi competenti. [26] Di conseguenza, il tentativo di regolamentare le coltivazioni Ogm, sia per
l’alimentazione umana che per i mangimi, è un fallimento in molti paesi. Non sappiamo ancora
se le colture Ogm siano sicure ai fini alimentari, siano esse destinate ad animali o esseri umani:
questo si riflette nel continuo dibattito, sia scientifico che politico, sulla valutazione della sicurezza
di alimenti e mangimi contenenti Ogm. All’interno dell’Unione Europea vi è forte disaccordo
tra stati membri e Commissione Europea sull’autorizzazione all’uso di prodotti Ogm. Nell’agosto
del 2005, ad esempio, la Commissione ha approvato l’uso di un mais transgenico, il MON863,
per l’alimentazione animale, nonostante i ministri dell’ambiente di 13 paesi membri avessero votato
contro questa decisione. [27]
Resistenza agli antibiotici
Alcuni degli Ogm utilizzati nei mangimi (per es. il mais Bt176 della Syngenta) contengono geni
di resistenza agli antibiotici. Questi geni, se trasferiti a batteri patogeni per l’uomo o per gli animali,
renderebbero gli antibiotici totalmente inutilizzabili, pregiudicando così pesantemente la
possibilità di curare numerose malattie. Proibire l’utilizzo di geni di resistenza agli antibiotici in
colture Ogm è dunque una precauzione evidentemente necessaria. L’eliminazione graduale di
questi geni è richiesta dall’ Unione Europea e dalla FAO/OMS. [28]
Diversi studi svolti negli ultimi anni indicano che il DNA ingerito con alimenti e mangimi (e lo
stesso vale per alimenti e mangimi Ogm), non viene completamente demolito all’interno
dell’organismo umano o animale come si usava ritenere. DNA transgenico è stato trovato
nell’intestino e nelle feci degli animali. [29] La permanenza di DNA transgenico nell’intestino degli
animali solleva la problematica di un possibile trasferimento orizzontale di DNA transgenico ai
batteri dell’intestino: se gli alimenti Ogm contenessero geni di resistenza agli antibiotici, questo
potrebbe finire per pregiudicare l’uso degli antibiotici nel trattamento delle infezioni. Anche la dispersione
di DNA transgenico tramite le feci è motivo di preoccupazione per il possibile trasferimento
di resistenza ai batteri del suolo.
DNA vegetale in organismi animali
DNA vegetale proveniente dai mangimi è stato rilevato in muscoli di pollo, [30] e in organi di vitello.
[30] Nonostante DNA transgenico non sia stato ancora identificato all’interno di tessuti animali,
questa evenienza non può essere esclusa, specialmente per animali che si alimentino di
Ogm per lungo tempo. Se DNA transgenico finisse nei tessuti di animali che si nutrono di Ogm,
questo potrebbe significare che materiale Ogm venga involontariamente ingerito da ignari consumatori
di carne proveniente da questo tipo di animali.
Sebbene ad oggi nessuno studio pubblicato abbia identificato DNA transgenico nel latte vaccino,
è stato rilevato
[32] DNA vegetale. La possibilità che del DNA transgenico possa trovarsi nel latte
non può pertanto essere esclusa, specialmente nel caso di animali nutriti con Ogm per lungo
tempo, come i bovini.
Allergie
I lavoratori agricoli sono stati definiti categoria “a rischio” di allergie associate al trattamento di
Ogm, che possono presentarsi anche in caso di Ogm destinati unicamente all’alimentazione a6
nimale. [33] La raccolta delle colture Ogm ed alcuni trattamenti dei prodotti alimentari generano
infatti polveri che, se inalate o poste a contatto con la pelle, potrebbero provocare l’insorgenza
di allergie alle nuove proteine contenute nei prodotti Ogm.
3. Effetti inattesi ed imprevedibili delle colture Ogm
Gli attuali Ogm presentano l’inserimento casuale, spesso forzato, di geni provenienti da un organismo
estraneo, all’interno del DNA originale della pianta ospite: questo può dare origine ad
effetti non voluti ed imprevedibili. Tale inserimento potrebbe, ad esempio, inibire uno dei geni
originari della pianta o causare l’alterazione di una proteina preesistente.
Durante il processo di ingegneria genetica, l’inserimento di questi geni può causare delezioni o
riarrangiamenti del DNA della pianta, [34] i quali, a loro volta, possono essere causa di effetti non
voluti e imprevedibili. La soia Roundup Ready, per esempio, contiene frammenti e riarrangiamenti
ed è stato dimostrato che questi sono attivi (producono cioè RNA). Queste scoperte sono
state fatte solo anni dopo l’approvazione e l’inizio della commercializzazione della soia Roundup
Ready. [35] Simili irregolarità, causate dal processo di manipolazione genetica, sono state identificate
anche in diversi tipi di mais Ogm con resistenza agli insetti (Bt11, Bt176, MON810). [36]
Queste anomalie sollevano il problema che nuove e non volute proteine, non testate, potrebbero
essere prodotte dagli Ogm.
Diversi effetti inattesi sono già stati osservati in Ogm commercializzati: la soia Ogm Roundup
Ready, ad esempio, ha fatto registrare perdite nella produzione, in periodi caldi e asciutti, dovuti
alla rottura dello stelo, e causata, molto probabilmente, da un aumento del contenuto di lignina;
[37] piante di cotone Roundup Ready hanno inspiegabilmente perso le proprie capsule. [38]
Livelli di fitoestrogeni inferiori alla norma sono stati rilevati in soia Roundup Ready: [39] i fitoestrogeni
sono sostanze, simili agli ormoni, contenute nelle piante, che si ritiene abbiano un effetto
benefico per la salute. Anche questa differenza è stata scoperta solo anni dopo l’inizio della
coltivazione su vasta scala di soia Roundup Ready.
È molto difficile che effetti non voluti di questo tipo vengano rilevati durante il processo di autorizzazione,
poiché qualunque trasformazione causata dal DNA estraneo nelle proteine della pianta
potrebbe essere rilevante, ma non immediatamente identificabile. I cambiamenti potrebbero
apparire solo dopo numerose generazioni, o durante un periodo di “stress” per la pianta. [40] Tali
effetti, inattesi ed imprevedibili, potrebbero avere un impatto rilevante sulla salute umana, animale
e sull’ambiente.
7


Parmigiano-Reggiano: un caso italiano
I

l Parmigiano-Reggiano è a pieno titolo patrimonio alimentare italiano. Si tratta di una ricchezza
sia agroalimentare che culturale che deve essere protetta, in quanto rappresenta valori culturali
essenziali e un potenziale economico cui il nostro paese non può rinunciare.
È per questo che l’accostamento Parmigiano-Reggiano e Ogm stona immediatamente. Da un lato
abbiamo migliaia di allevatori legati al territorio, storia, bontà, tradizione, tutela e sicurezza.
Dall’altro esperimenti genetici, problemi, pericoli, incertezze e segreti. Il sapere tradizionale dei
gesti antichi, ormai divenuta capacità imprenditoriale, non può essere messa in pericolo dalle
multinazionali del biotech.
La storia
Pensare al Parmigiano-Reggiano significa anche visualizzare un territorio ben definito, la sua zona
di origine. Le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno
e Mantova alla destra del fiume Po. È qui che nasce uno dei formaggi più amati e apprezzati
della tradizione italiana.
Non si può poi parlare di Parmigiano-Reggiano senza passare attraverso gli otto secoli di storia
che porta con sé. Testimonianze storiche dimostrano che già nel 1200-1300 il Parmigiano-
Reggiano aveva raggiunto quella tipizzazione che é giunta, quasi immutata, fino ai giorni nostri.
Una tradizione che ha permesso la sopravvivenza e lo sviluppo di un prodotto legato al territorio
unico nel suo genere.
Sulla base della qualità tradizionale, il Parmigiano-Reggiano ha sviluppato una fiorente attività
imprenditoriale, unendo sapere locale a rigorosi disciplinari, ed oggi il Parmigiano-Reggiano rappresenta
un giro di affari di 808 milioni di euro alla produzione. Del totale della produzione, il
16% circa é avviato all’esportazione, le principali destinazioni sono Germania, Stati Uniti, Svizzera,
Francia e Gran Bretagna.
Come recita lo stesso sito web del Consorzio Parmigiano-Reggiano: "Il Parmigiano-Reggiano ha
un legame imprescindibile con la sua zona di origine. […] In questa zona, dai foraggi naturali e
dall'uso di latte crudo, senza l'aggiunta di nessun additivo, ha origine il segreto di tanta bontà."
Negli ultimi anni però, fra i foraggi naturali, si è insinuata la soia transgenica della Monsanto - la
soia Roundup Ready, in grado di sopportare massicce dosi di erbicida Roundup (prodotto dalla
stessa multinazionale). Questa soia è diventata parte integrante dell'alimentazione dei bovini
che forniscono il latte ai caseifici di trasformazione del Parmigiano: una trappola, che mette a rischio
sia la qualità che il futuro di uno dei formaggi più amati e apprezzati.
Il successo mondiale del Parmigiano-Reggiano ha portato con sé numerosi tentativi di imitazione,
più o meno camuffati, basti pensare ai vari Parmesan, Regianito o Parmesao. Giustamente il
Parmigiano-Reggiano affronta questo fenomeno sottolineando la qualità e la sicurezza al 100%
del prodotto originale, suggellata da otto secoli di storia e tradizione e da moderne misure igienico
sanitarie di tutela. Oggi però, la sua genuinità è minacciata dalla comparsa degli Ogm nella
sua filiera di produzione.
8
Il pericolo degli Ogm per il Parmigiano-Reggiano
Oltre il 90 per cento degli Ogm importati in Europa consiste in soia e mais destinati alla mangimistica.
La dieta degli animali allevati in Europa è composta fino al 30 per cento da Ogm: questo
vuol dire che, ogni anno, 20 milioni di tonnellate di Ogm entrano nella catena alimentare degli
europei, all'insaputa dei consumatori e senza che si possa esercitare il diritto di scelta.
Mentre sono sempre di più i prodotti e i produttori italiani che escludono l'uso di Ogm in tutti i
passaggi della produzione - sia negli ingredienti che nei mangimi animali - il Consorzio del Parmigiano-
Reggiano, uno dei formaggi più apprezzati al mondo, non ha compiuto nessun passo significativo
per evitare il problema Ogm. Il disciplinare di produzione non esclude l'impiego di
mangimi contenenti Ogm. Questo, tradotto in pratica, significa che ogni giorno, le bovine che
producono il latte, che verrà poi conferito ai caseifici aderenti al Consorzio, si nutrono con soia
Ogm.

Salvaguardia del Parmigiano-Reggiano: la soluzione è a portata di mano


L’Italia non produce soia sufficiente per l’intero fabbisogno nazionale, e perciò importa la gran
parte della soia che utilizza (sia per uso alimentare che mangimistico). La maggior parte di queste
importazioni arrivano da Paesi quali Argentina, Brasile o Stati Uniti.
Mentre la produzione argentina é quasi completamente transgenica, ed é purtroppo molto impiegata
nell’alimentazione animale in Italia, per Stati Uniti e Brasile sono attivi da tempo canali
di produzione ed esportazione di soia certificata non-ogm.
Il Brasile in particolare, dal punto di vista quantitativo, è il paese esportatore di maggiore interesse.
Nonostante vi venga prodotta anche soia Ogm, la maggioranza della produzione rimane
libera dagli Ogm. Nel 2005 il Brasile ha esportato quasi 40 milioni di tonnellate di soia, di cui
quasi la metà verso l’Europa. Si tratta di milioni di tonnellate di soia che possono essere certificate
non-Ogm, e mettere così fine all’incertezza.


I NUMERI DEL PARMIGIANO-REGGIANO


4.414 aziende agricole conferiscono il latte ai caseifici
270.000 bovine dedicate alla produzione di latte per la trasformazione
15% circa della produzione nazionale di latte
450 caseifici produttori
3.000.000 forme prodotte
808 milioni di euro il giro d'affari alla produzione (produzione 2005 venduta nel 2006)
16% circa il volume delle esportazioni sul totale prodotto
Fonte: www.parmigiano-reggiano.it
Il fabbisogno di soia (in pannelli), delle filiere zootecniche DOP italiane nel 2004 sono stimate in
circa 3,122 milioni di tonnellate. Di queste, la percentuale legata alle filiere dei formaggi vaccini
9
DOP é il 14,8% del totale. La frazione di competenza del Parmigiano-Reggiano non supera le
200.000 tonnellate (fonte: elaborazioni Nomisma).
Questo significa che sarebbero sufficienti 200.000 tonnellate annue di soia certificata
non-Ogm per assicurare la salvaguardia del Parmigiano-Reggiano sui mercati internazionali.
Sono i numeri stessi a confermare che una scelta non-Ogm é possibile e praticabile, oltre che
necessaria, per tutelare queste produzioni.

Diamo uno sguardo ai costi.

Mediamente la differenza di costo tra la soia transgenica o non certificata
e quella certificata non-Ogm è di pochi euro alla tonnellata, basta fare riferimento alle
quotazioni dei principali esportatori. Il prezzo della soia certificata non-Ogm è regolato dalle leggi
del mercato: se la domanda cresce e si organizza, i prezzi finiscono con l’abbassarsi. La soia
poi, è solo una delle materie prime utilizzate nei mangimi, il mangime influisce solo in parte sul
costo finale del latte utilizzato nella produzione del Parmigiano-Reggiano.
Parmigiano-Reggiano non-Ogm: cosa stiamo aspettando?
Come già dimostrato dagli stessi produttori di Parmigiano-Reggiano, le alternative agli Ogm ci
sono. Infatti, non tutta l’attuale produzione di Parmigiano-Reggiano è toccata dagli Ogm. La
produzione legata all'agricoltura biologica non impiega Ogm e offre ai consumatori un prodotto
garantito da tutti i punti di vista. Inoltre, diversi allevatori aderenti al Consorzio hanno già espresso
la propria volontà di utilizzare solo mangimi senza Ogm, per poter continuare a produrre
un latte sicuro al 100 per cento, senza l'impiego di organismo geneticamente modificati.
Se il “sistema” Parmigiano-Reggiamo, guidato dal Consorzio che, come recita il nome stesso, é
un Consorzio di Tutela, si coordinasse per effettuare acquisti organizzati di materie prime, le differenze
di costo verrebbero rapidamente assorbite, e le difficoltà legate alla creazione del percorso
non-Ogm sarebbero minimizzate. Insomma, è possibile salvaguardare il Parmigiano-
Reggiano senza andare ad impattare sul prezzo finale (e quindi sui consumatori) né tanto meno
sui singoli allevatori, valorizzandolo invece di qualità e di sicurezza a tutti i livelli. Questo già avviene
per la produzione biologica e per quei produttori che autonomamente e senza la collaborazione
del Consorzio hanno già attivato filiere completamente non-Ogm.
In un tale contesto, sarebbe auspicabile la collaborazione dei referenti istituzionali a livello nazionale,
ma anche regionale. Promuovere e sperimentare un nuovo piano proteine su larga scala,
lavorare per integrare il sistema con ingredienti proteici alternativi alla soia, prodotti direttamente
in Italia, utilizzando colture quali il lupino, l'erba medica, il favino, il pisello e altre leguminose
tipiche dell'area mediterranea.
L'Emilia-Romagna inoltre, fa già parte della rete europea delle regioni Ogm-free e – proprio tra
queste - la regione francese della Bretagna ha fatto da apripista, avviando accordi commerciali
diretti con lo stato del Paranà - uno dei maggiori produttori di soia non-Ogm del Brasile - per
acquisti organizzati di soia non transgenica.
Tutelare il Parmigiano-Reggiano è possibile sin da oggi. Si tratta solo di scegliere, una
decisione volta alla tutela e al futuro.
10


Conclusioni


Gli effetti negativi sull’ambiente associati alle coltivazioni OGM sono numerosi e ben documentati,
in particolare per quanto riguarda le colture tolleranti agli erbicidi (come la soia della Monsanto)
e resistenti agli insetti. Il dibattito scientifico sulla pericolosità di queste coltivazioni per uomini
ed animali, inoltre, è ancora quanto mai acceso: potenziali effetti negativi, inattesi ed imprevedibili,
delle colture OGM sulla salute umana ed animale non possono, perciò, essere esclusi.
Greenpeace ritiene che i rischi legati alle colture transgeniche siano tali da giustificare un immediato
stop alla coltivazione. Inoltre, in virtù dei seri dubbi sulla sicurezza degli Ogm per il consumo
umano e animale, invocando il principio di precauzione, gli Ogm non dovrebbero essere
utilizzati per la produzione di alimenti o mangimi.
In un contesto internazionale di continui allarmi sulla sicurezza degli alimenti, è necessaria una
scelta volta all’esclusione degli Ogm, a maggior ragione nelle produzioni di qualità.
Greenpeace, oltre a offrire la propria collaborazione, chiede al Consorzio di Tutela di salvaguardare
la credibilità nazionale e internazionale del Parmigiano-Reggiano e di affrontare con energia
e tempismo il problema Ogm, escludendone l’utilizzo in tutte le fasi della filiera produttiva. Le alternative
ci sono. E sono concrete. La soia certificata non-Ogm è disponibile sul mercato in
grandi quantità e a costi ragionevoli: ve ne è a sufficienza per tutta la produzione del Parmigiano-
Reggiano e per l'intero fabbisogno italiano. Si tratta solo si scegliere.
11
A

ALLEGATO 1
Elenco mangimisti fornitori del Consorzio Parmigiano-Reggiano
Albo dei mangimisti
Nr. convenz. Ditta Sede
1 Veronesi Verona S.p.A. Quinto di Valpantena (VR)
3 Consorzio Agrario Lombardo Veneto di VR, MN e VI Verona
4 G.I.Ma. S.p.A. Rubiera (RE)
6 Consorzio Agrario Bologna e Modena Serramazzoni (MO)
7 Progeo s.r.l. Reggio Emilia
8 Consorzio Agrario Provinciale Parma
10 Cargill s.r.l. Milano
12 Consorzio Agrario Provinciale Reggio Emilia
16 Consorzio Agrario Provinciale Cremona
17 Ferri "Il Mangime" di Ferri Castelvetro (MO)
18 Società Italiana Werisan S.p.A. Novellara (RE)
20 CARRA Mangimi S.p.A. Sorbolo (PR)
22 Nuova Padana Mangimi s.r.l. Rivarolo Mantovano (MN)
23 Cortal Extra Soy s.r.l. Cittadella (PD)
24 F.lli Martini Budrio di Longiano (FO)
25 Raggio di Sole Fiorenzuola d'Arda (PC)
26 Petrini 1822 S.p.A. Bastia Umbra (PG)
27 Madital S.p.A. Massalengo (LO)
28 Val Po s.r.l. Cadelbosco Sopra (RE)
29 Venturini & C. S.p.A. Mantova
30 Neviani Armando Montecchio Emilia (RE)
33 Casini & Marani s.r.l. Reggio Emilia
34 Universal Mangimi S.p.A. S.Vito al Tagliamento (PN)
35 Ferrero Mangimi S.p.A. Farigliano (CN)
36 Corradi Mangimi s.n.c. Castione Baratti (PR)
37 Storchi Mangimi s.n.c. Correggio (RE)
38 Mangimi Brianza S.p.A. Casatenovo (LC)
39 Barazzoni Ivaldo - EMMEGI s.r.l. Campegine (RE)
41 Cremaschini F.lli Brescia
42 Mignini S.p.A. Petrignano di Assisi (PG)
43 Preti Mangimi s.r.l. Revere (MN)
44 Parmamangimi s.n.c. Coloreto (PR)
45 Dairy Line Nutrition Milano
46 COMAZOO Brescia
47 Ferrari Mangimi s.r.l. Lodi
48 Zenit Mangimi Vaiano Cremasco (CR)
49 Magic SpA Sorbolo (PR)
50 Gruppo Valigi Italy Srl Pontenuovo di Torgiano (PG)
13


ALLEGATO 3 – Fornitori brasiliani di soia certificata non-Ogm
Imcopa
Avenida das Araucarias, 5899
CEP : 83707-000 Araucaria, PR
Tel: +55 41 21418000
http://www.imcopa.com.br/italiano/abertura-1024.htm
Cotriguacu
Rua da Bandeira 541, Cascavel, PR
Tel. +55 45225-2255
www.cotriguacu.com.br
Coamo
Campo Mourão - Administração Central
Rua Fioravante João Ferri, 99 - Jardim Alvorada
Caixa Postal 460 CEP: 87308-445 - Campo Mourão - Paraná
Tel. +55 44 3518-0123 - PABX
3518-0451 - Central de Compras
3518-0124 - Assessoria de Comercialização
www.coamo.com.br
Caramuru Alimentos LTDA
Vai Expressa Julio Borges de Souza, Nº 4.240
BAIRRO NOSSA SENHORA DA SAÚDE
CEP. 75520-900 Itumbiara, GO
Tel. +55 64 3404-0200
http://www.caramurualimentos.com.br/home_english.htm
Brejeiro
Avenida do Café, Nº 129, Orlândia, Sao Paulo
Tel: +55 16 3820 5000
www.brejeiro.com.br/
Cocamar Cooperativa Agroindustrial
Estrada Oswaldo de Moraes Corrêa, 1.000 - Parque Industrial
CEP 87065-240 • Maringá - Paraná - Brasil
Tel. +55 44 3221 3490
www.cocamar.com.br
Amaggi
http://www.grupomaggi.com.br/en/
14


ALLEGATO 4 – Fonti proteiche alternative
FAVINO, Semi integrali
Rappresentano i semi dei baccelli della Vicia faba minor. La coltivazione del favino è diffusa in
tutta l’Europa Occidentale.
Fra le varietà,selezionate in Italia, sono da segnalare Proteo, Nettuno e Finale per il livello di
proteina (25-32%) e con rese fino a 40 q/ha.
LUPINO DOLCE, Semi integrali
Per il suo alto tenore proteico può costituire una fonte proteica in sostituzione della soia. Pur
rappresentando una risorsa per le regioni meridionali del nostro Paese, la sua produzione è andata
progressivamente diminuendo.
PISELLO, Semi
In Italia si coltiva nella pianura padana. Sono molto note le varietà Finale e Frisson. La produzione
ammonta a 15-40 q/ha.
ERBA MEDICA disidratata
È un prodotto ottenuto per disidratazione della pianta intera mediante processi del tipo "short
time" che ne limitano le perdite quantitative rispetto allo stesso prodotto affienato e il danno nei
riguardi del B-carotene e delle xantofille.
15


Bibliografia
1. Orson, J. 2002. Gene stacking in herbicide tolerant oilseed rape: lessons from the Northern American
experience. English Nature Research Reports no. 443, Peterborough, UK. http://www.englishnature.
org.uk/pubs/publication/PDF/enrr443.pdf
Légère, A. 2005. Risks and consequences of gene flow from herbicide-resistant crops: canola (Brassica napus
L.) as a case study. Pest Management Science 61: 292-300.
2. Daniels, R., Boffey, C., Mogg, R., Bond J. & Clarke, R. 2005. The potential for dispersal of herbicide tolerance
genes from genetically-modified, herbicide-tolerant oilseed rape crops to wild relatives. UK DEFRA contract ref
EPG 1/5/151.
http://www.defra.gov.uk/environment/gm/research/pdf/epg_1-5-151.pdf
3. Haygood, R., Ives, A.R. & Andow, D.A. 2003. Consequences of recurrent gene flow from crops to wild relatives.
Proceedings of the Royal Society of London B, Biological Sciences 10.1098/rspb.2003.2426
4. Si veda anche: Greenpeace 2004. Pericoli ambientali delle colture Bt resistenti agli insetti.
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/mais-bt-ogm-farfalle-insetti
5. Dively, G.P., Rose, R., Sears, M.K., Hellmich, R.L. Stanley-Horn, D.E. Calvin, D.D. Russo, J.M. & Anderson, P.L..
2004. Effects on monarch butterfly larvae (Lepidoptera: Danaidae) after continuous exposure to Cry1Ab
expressing corn during anthesis. Environmental Entomology 33: 1116-1125.
6. Hilbeck, A., Moar, W.J., Pusztai-Carey, M., Filippini, A. & Bigler, F. 1999. Prey-mediated effects of Cry1Ab toxin
and protoxin and Cry2A protoxin on the predator Chrysoperla carnea. Entomologia Experimentalis et Applicata
91: 305-316.
Dutton A., Klein, H., Romeis, J. & Bigler, F. 2002. Uptake of Bt toxin by herbivores feeding on transgenic maize
and consequences for the predator Chrysoperla carnea. Ecological Entomology 27: 441-447.
7. Jayaraman, K.S. 2002. Poor crop management plagues Bt cotton experiment in India. Nature Biotechnology 20:
1069.
Jayaraman, K.S. 2003. India debates results of its first transgenic cotton crop. Nature, 421, 681.
8. Saxena, D., Flores, S. & Stotzky, G. 2002. Bt toxin is released in root exudates from 12 transgenic corn hybrids
representing three transformation events. Soil Biology and Biochemistry 34: 133-137.
9. Flores, S., Saxena, D & Stotzky, G. 2005. Transgenic Bt plants decompose less in soil than non-Bt plants. Soil
Biology and Biochemistry 37: 1073-1082.
10. Tapp, H. & Stotzky, G. 1998. Persistence of the insecticidal toxin from Bacillus thuringiensis subsp. kurstaki in
soil. Soil Biology and Biochemistry 30: 471-476.
Zwahlen, C., Hilbeck, A., Gugerli, P. & Nentwig, W. 2003. Degradation of the Cry1Ab protein within transgenic
Bacillus thuringiensis corn tissue in the field. Molecular Ecology 12: 765-775.
11. Venkateswerlu G. & Stotzky, G. 1992. Binding of the protoxin and toxin proteins of Bacillus thuringiensis subsp.
kurstaki on clay minerals. Current Microbiology 25: 225-233.
12. Si veda anche: Greenpeace 2004. Sempre più “superinfestanti” dovuti a coltivazioni geneticamente modificate.
http://www.greenpeace.org/italy/campagne/ogm/approfondimenti
e Greenpeace 2004, Monsanto's GE 'Roundup Ready' Soya– What more can go wrong? www.greenpeace.org
13. Relyea, R.A. 2005. The impact of insecticides and herbicides on the biodiversity and productivity of aquatic
communities. Ecological Applications 15: 618-627.
Relyea, R.A. 2005. The lethal impact of roundup on aquatic terrestrial amphibians. Ecological Applications, 15:
1118–1124.
Relyea, R.A., Schoeppner, N.M. & Hoverman, J.T. 2005. Pesticides and amphibians: the importance of
community context. Ecological Applications, 15: 1125–1134.
14. Richard, S., Moslemi, S., Sipahutar, H., Benachour, N. & Seralini, G-E. 2005. Differential effects of glyphosate
and Roundup on human placental cells and aromatase. Environmental Health Perspectives 113: 716–720.
16
15. Roy, B.A. 2004. Rounding up the costs and benefits of herbicide use. Proceedings of the National Academy of
Sciences 101: 13974-13975.
Baucom, R.S. & Mauricio, R. 2004. Fitness costs and benefits of novel herbicide tolerance in a noxious weed.
Proceedings of the National Academy of Sciences 101: 13386–13390.
Vitta, J.I., Tuesca, D. & Puricelli, E. 2004. Widespread use of glyphosate tolerant soybean and weed community
richness in Argentina. Agriculture, Ecosystems and Environment 103: 621–624.
16. Harztler, B. 2003. http://www.weeds.iastate.edu/mgmt/2003/glyresistance.shtml
17. Readymaster ATZ contiene sia glifosato che atrazina, si veda:
www.monsanto.com/monsanto/us_ag/content/crop_pro/ready_master_atz/label.pdf
18. King, C.A., Purcell, L.C. & Vories, E.D. 2001. Plant growth and nitrogenase activity of glyphosate-tolerant
soybean in response to foliar glyphosate applications. Agronomy Journal 93: 179–186.
Zablotowicz, R.M. & Reddy, K.N. 2004. Impact of glyphosate on the Bradyrhizobium japonicum symbiosis with
glyphosate-resistant transgenic soybean: a minireview. Journal of Environmental Quality 33: 825–831.
19. Coghlan, A. 2003. Weedkiller may encourage blight. New Scientist, 16 agusto 2003, p. 6.
20. Chowdhury, E.H., Kuribara, H., Hino, A., Sultana, P., Mikami, O., Shimada, N., Guruge, K.S., Saito, M. and
Nakajima, Y. 2003. Detection of corn intrinsic and recombinant DNA fragments and Cry1Ab protein in the
gastrointestinal contents of pigs fed genetically modified corn Bt11. Journal of Animal Science, 81: 2546-2551.
21. Einspanier, R., Lutz, B., Rief, S., Berezina, O., Zverlov, V., Schwarz, W. and Mayer, J. 2004. Tracing residual
recombinant feed molecules during digestion and rumen bacterial diversity in cattle fed transgene maize. (Analisi
delle molecole ricombinanti provenienti dal mangime durante la digestione e della diversità dei batteri del
rumine in bovini nutriti con mais transgenico) European Food Research and Technology 218: 269-273.
22. Chowdhury et al. 2003. op. cit.
23. Chowdhury et al. 2003. op. cit.
24. Pryme, I.F. & Lembcke, R. 2003. In vivo studies on possible health consequences of genetically modified food
and feed - with particular regard to ingredients consisting of genetically modified plant materials. Nutrition and
Health 17: 1-8.
25. Si veda, ad esempio, Erickson, G.E. Robbins, N.D., Simon, J.J., Berger, L.L., Klopfenstein, T.J., Stanisiewski,
E.P. and Hartnell, G. F. 2003. Effect of feeding glyphosate-tolerant (Roundup-Ready events GA21 or nk603)
corn compared with reference hybrids on feedlot steer performance and carcass characteristics. Journal of
Animal Science 81: 2600-2608.
Brown, P., Wilson, K.A.., Jonker, Y. & Nickson, T.E. 2003. Glyphosate Tolerant Canola Meal Is Equivalent to the
Parental Line in Diets Fed to Rainbow Trout. Journal of Agricultural Food and Chemistry, 51: 4268-4272.
26. Si vedano, ad esempio, le opinioni dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) su NK603
http://www.efsa.eu.int/science/gmo/gmo_opinions/177_en.html e su MON863 e MON863 x MON 810
http://www.efsa.eu.int/science/gmo/gmo_opinions/383_en.html.
Séralini, G-E, Cellier, D. & Spiroux de Vendomois, J. 2007. New analysis of a rat feeding study with a
genetically modified maize reveals signs of hepatorenal toxicity. Archives of Environmental Contamination and
Toxicology DOI: 10.1007/s00244-006-0149-5. http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/mon-
863-07
Si veda anche: Greenpeace 2004. The European Food Safety Authority (EFSA): failing consumers and the
environment.
http://eu.greenpeace.org/downloads/gmo/CritiqueOnEFSA-April2004.pdf
27. Si veda il sito europeo di Friends of the Earth:
http://www.foeeurope.org/GMOs/pending/votes_results.htm
28. Direttiva europea 2001/18/EC sul rilascio intenzionale di OGM nell’ambiente. Gazzetta ufficiale della Comunità
Europea L 106/1. Programma congiunto FAO/OMS sugli standard alimentari. Codex Alimentarius Commission
2003. Rapporto della quarta sessione della commissione intergovernativa Codex sui prodotti alimentari derivati
dalle biotecnologie. ALINORM 03/34A http://www.codexalimentarius.net
29. Einspanier et al. 2004. op. cit.; Chowdhury, et al. 2003. op. cit.
17
Chowdhury, E.H., Mikami, O., Murata, H., Sultana, P., Shimada, N., Yoshioka, M., Guruge, K.S., Yamamoto, S.,
Miyazaki, S., Yamanaka, N. & Nakajima, Y. 2004. Fate of maize intrinsic and recombinant genes in calves fed
genetically modified maize Bt11. Journal of Food Protection, 67: 365-370.
30. Einspanier, R., Klotz, A., Kraft, J., Aulrich, K., Poser, R., Schwagele, F., Jahreis, G. & Flachowsky, G. 2001. The
fate of forage plant DNA in farm animals: a collaborative case-study investigating cattle and chicken fed
recombinant plant material. European Food Research and Technology, 212: 129-134.
Klotz, A., Mayer, J. & Einspanier, R. 2002. Degradation and possible carry over of feed DNA monitored in pigs
and poultry. European Food Research and Technology 214: 271–275.
Aeschbacher, K., Messikommer, R., Meile, L. & Wenk, C. 2005. Bt176 corn in poultry nutrition: physiological
characteristics and fate of recombinant plant DNA in chickens. Poultry Science 84: 385-394.
31. Chowdhury et al. 2004. op. cit.
32. Einspanier et al. 2001. op. cit.; Phipps, R.H., Deaville, E.R. & Maddison, B.C. 2003. Detection of transgenic and
endogenous plant DNA in rumen fluid, duodenal digesta, milk, blood, and feces of lactating dairy cows. Journal
of Dairy Science, 86: 4070-4078.
33. Royal Society 2002. Genetically modified plants for food use and human health—an update. Policy document
4/02, Royal Society, London. www.royalsoc.ac.uk.
Bernstein, J.A., Bernstein, L., Bucchini, L., Goldman, L.R., Hamilton, R.G., Lehrer, S., Rubin, C. & Hugh
Sampson, A. 2003. Clinical and laboratory investigation of allergy to genetically modified foods. Environmental
Health Perspectives, 111: 114-1121.
34. Svitashev, S.K. & Somers D.A. 2001. Genomic interspersions determine the size and complexity of transgene
loci in transgenic plants produced by microprojectile bombardment. Genome 44: 691–697.
35. Windels, P., Taverniers, I. Depicker, A. Van Bockstaele, E. & De Loose, M. 2001. Characterisation of the
Roundup Ready soybean insert. European Food Research and Technology, 213: 107-112.
Rang, A., Linke, B & Jansen, B. 2005. Detection of RNA variants transcribed from the transgene in Roundup
Ready soybean. European Food Research and Technology 220: 438-443.
Si veda anche: Greenpeace 2004. Monsanto's GE 'Roundup Ready' Soya– What more can go wrong?
www.greenpeace.org
Corrispondenza tra il governo britannico e la Monsanto, al sito:
http://www.food.gov.uk/science/ouradvisors/novelfood/acnfppapers/gmissues/60500/.
36. De Schrijver, A. & Moens. W. 2003. Report on the molecular characterisation of the genetic map of event Bt11.
http://www.biosafety.be/TP/MGC.html.
De Schrijver, A. & Moens. W. 2003. Report on the molecular characterisation of the genetic map of event
Bt176. http://www.biosafety.be/TP/MGC.html.
Hernández, M., Pla, M., Esteve, T., Prat, S., Puigdomènech, P. & Ferrando. A. 2003. A specific real-time
quantitative PCR detection system for event MON810 in maize YieldGard ® based on the3-transgene
integration. Transgenic Research 12: 179–189.
37. Coghlan, A 1999. Splitting headache: Monsanto’s modified soya beans are cracking up in the heat. New
Scientist, 20
novembre, p. 25.
38. Fox J.L. 1997. Farmers say Monsanto’s engineered cotton drops bolls. Nature Biotechnology 15: 1233.
39. Lappé, M.A., Bailey, E.B., Childress, C.C. & Setchell, K.D.R. 1999. Alterations in clinically important
phytoestrogens in genetically modified, herbicide-tolerant soybeans. Journal of Medicinal Food, 1: 241-245.
40. Riha, K., McKnight, T.D. Griffing, L.R. & Shippen, D.E. 2001.Living with instability: plant responses to telomere
dysfunction. Science, 291: 797-1800.

Nessun commento: